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Se c’è un cantautore – o meglio “cant-attore” – italiano che da anni cerca di far riemergere quella forma di teatro-canzone che alla scomparsa di Gaber stava per tramontare definitivamente, allora quel cantautore corrisponde al nome di Carlo Fava.

Carlo Fava è un abile jazzista e cultore del teatro-canzone, annovera infatti tra i suoi modelli proprio Giorgio Gaber e Paolo Conte, suona il pianoforte dall’età di dieci anni e canta da sempre.

Il grande pubblico lo ha notato soltanto l’anno scorso, grazie alla sua partecipazione al 56° Festival di Sanremo in coppia con Noa con la canzone “Un discorso in generale”, che ha vinto il premio speciale della critica; ma Fava iniziò già nel ’93 partecipando al Festival di Recanati (cantando dopo Battiato e prima di Branduardi) e al Festival di Sanremo, dove si classifica al penultimo posto fra i giovani con il brano “In caduta libera dall’ottavo piano” (ma in quella edizione ha dovuto confrontarsi con artisti come Giorgia e Bocelli).

Al suo attivo soltanto tre album (“Ritmo vivente muscolare della vita” nel ’94, “Personaggi criminali” nel 2000 e “L’uomo flessibile” nel 2004, quest’ultimo ristampato nel 2006 con l’aggiunta del pezzo sanremese e di “Certo non sai”, scritto da Francesco Guccini), matante collaborazioni illustri, come nel ’98, quando compone la canzone “Dottore” per Mina (duetto con Beppe Grillo nell’album “Cremona”) e partecipa al disco “Argilla” di Ornella Vanoni con il brano “Santallegria”.

Per mesi riesce a ottenere anche una piccola vetrina televisiva nel programma condotto da Abatantuono “Colorado Café”, di cui rappresentava una delle poche cose valide, sigla della trasmissione la sua canzone “Comici”, scritta insieme all’inseparabile e insostituibile coautore di tutti i brani di Fava: l’amico Gianluca Martinelli.

“Personaggi criminali” era un imperdibile mix di teatro e canzone d’autore, un racconto di follie, devianze, disagi e amori che ricordava molto da vicino “Murder Ballads” di Nick Cave. “L’uomo flessibile” è invece un’importante boccata d’aria per l’intelletto ed è stato accolto da una critica compatta nel salutare il nostro come unico erede di Gaber. Brani come “L’uomo flessibile” o “Se fossi il futuro” (“ma se fossi il futuro mi vergognerei”, chiusa con la citazione di una splendida frase di Claudio Lolli: “Di solito il giorno comincia sporco / come l’inchiostro del nostro giornale”) si accostano bene alla canzone di scuola gaberiana.

Nel cd c’è spazio per almeno tre grandi canzoni, che volano alte sopra il panorama nazionale: “La palude”, “Metroregione” e “L’ultima volta che ho visto i tuoi occhiali”. Fava e Martinelli, in undici pezzi, disegnano le ampie volute di due storie che si intrecciano, riprendono e si allontanano: una pubblica e una privata che non necessariamente si dividono le canzoni, ma le permeano di entrambi gli umori, “una nostalgia in bianco e nero / che sale lentamente dal cuore al pensiero” per un disco che resta uno dei più bei episodi musicali degli ultimi anni, a cui aderire con la necessità di un cuore in fermento.

Per la prima volta in Sicilia, l’artista milanese si esibirà sul palco dell’Ambasciatori il 29 gennaio accompagnato da Vittorio Marinoni alla batteria e Beppe Quirici al basso.

Formazione:

Carlo Fava: piano e voce
Vittorio Marinoni: batteria
Beppe Quirici: basso

Sito ufficiale:

www.carl

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